M – Il figlio del secolo | Ideologia, potere e verità nella serie TV di Joe Wright
Salva
M – Il figlio del secolo | Ideologia, potere e verità nella serie TV di Joe Wright

M – Il figlio del secolo | Ideologia, potere e verità nella serie TV di Joe Wright

Postato il 03 Agosto, 2025

Seasons

1

Runtime

50'-60'
Leggi di più

Mi avete amato follemente per vent’anni, mi avete adorato e temuto come una divinità. E poi mi avete odiato, follemente odiato perché mi amavate ancora. Mi avete ridicolizzato, scempiato i miei resti perché di quel folle amore avevate paura. Anche da morto. Ma ditemi, a cosa è servito? Guardatevi attorno…Siamo ancora tra voi.

Benito Mussolini (interpretato da Luca Marinelli)

M – Il figlio del secolo è una miniserie italo-francese del 2025. Racconta l’ascesa politica di Benito Mussolini, interpretato da Luca Marinelli, dalla fondazione dei Fasci Italiani nel 1919 fino agli eventi che hanno portato all’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti nel 1924. La serie, basata sull’omonima serie di romanzi di Antonio Scurati, segue non soltanto l’ascesa politica del Duce, ma esplora anche la sua vita privata, i suoi difetti, le sue paure, la sua storia coniugale e quella delle sue amanti, facendo luce sulle relazioni personali e gli intrighi che hanno accompagnato il suo cammino.

M – Il figlio del secolo è stato diretto da Joe Wright (già direttore di altri progetti storici, come Orgoglio e pregiudizioEspiazioneAnna Karenina e L’ora più buia) e scritto da Stefano Bises (autore di Gomorra e The New Pope) e Davide Serino (autore di 19221993 ed Esterno Notte). La serie non si pone lo scopo di offrire una lezione di storia. Al contrario, Wright lancia gli spettatori nel bel mezzo del caos degli eventi, immergendoli in un vortice di discorsi, monologhi e atti di violenza estetizzati. Inoltre, viene mostrato l’uso chirurgico della violenza da parte delle camicie nere di Mussolini e la retorica che alimentò la sua ascesa.

M – Il figlio del secolo offre un assaggio della trasformazione di Mussolini da giornalista estraneo alla politica a leader carismatico, capace di mobilitare le masse. Un approccio che, se da una parte semplifica alcuni eventi storici, dall’altra cerca di stimolare una riflessione sul legame tra ideologia, potere e verità.

Figlio del secolo: la rappresentazione del Duce

La storia ci racconta che Adolf Hitler ha seguito i passi di Mussolini dopo averne apprezzato il carisma e i principi. Lo stesso saluto nazista era stato inizialmente adottato dal Fascismo (il famoso “saluto romano”, anche se i romani, in realtà, non si sono mai salutati così). 

Si è parlato di Hitler in innumerevoli opere. Il cinema americano, in modo particolare, lo ha quasi trasformato in un cattivo dei fumetti. Mussolini invece ha ricevuto meno attenzione. Nel cinema italiano, il fascismo viene spesso mostrato indirettamente attraverso le sue vittime e coloro che hanno vissuto sotto il regime. Film come Una giornata particolare di Ettore Scola ne mostrano le conseguenze, ma mai il Duce in azione. Per la prima volta, M – Il figlio del secolo fa di lui il protagonista assoluto.

Ma perché parlare soltanto di Mussolini? Il motivo risiede nel fatto che il Fascismo, a differenza del Nazismo, non ha mai ricevuto una condanna unanime. In Italia, il passato fascista è stato rielaborato in modo ambiguo, con una nostalgia che non è mai completamente scomparsa. La serie, però, rimette Mussolini al centro della scena, mostrandolo in tutto il suo essere: un oratore capace ma, allo stesso tempo, un opportunista mostruoso.

Il risultato è un uomo che possiede l’abilità di sedurre e soggiogare le masse, sfruttando la rabbia e il disorientamento di un popolo. Di certo, non si tratta di un eroe, ma nemmeno di una semplice caricatura. Anche se, nella realtà, è stato un personaggio molto caricaturale. È, invece, la personificazione del meccanismo di dispotismo, che si nutre di consenso. M – Il figlio del secolo chiede agli spettatori di capire la sua dinamica così da non doversi ripetere. Mussolini è una figura che spaventa non per la sua grandezza, bensì per la sua efficacia.

Per la maggior parte, questo risultato è stato ottenuto grazie all’interpretazione di Luca Marinelli, che si trasfigura davvero in Mussolini, facendo suoi i tic, le pose, la retorica e anche il peso del dittatore. Insieme a lui, altri personaggi contribuiscono a definire il suo potere: Cesare Rossi (Francesco Russo), suo alleato e stratega politico, Margherita Sarfatti (Barbara Chichiarelli), amante e mentore, e altri personaggi secondari che, con le loro ambizioni e la loro obbedienza, aiutano a plasmarne la figura. Sono loro che fanno fuoriuscire il Mussolini manipolativo, capace di trasformare relazioni personali in strumenti di potere.

Se c’è qualcosa che resta troppo marginale è il popolo. Mussolini aveva un’abilità straordinaria nell’essere percepito dai cittadini come “uno di loro”, rivolgendosi direttamente alle masse e manipolandole a suo piacimento. Mentre nei primi episodi questi meccanismi sono presenti, nel prosieguo della serie passano in secondo piano, lasciando che la la macchinazione politica diventi il focus della discussione.

L’estetica del potere, tra Futurismo e Simbolismo

Joe Wright sceglie un approccio direttoriale che rifiuta il realismo. Non voleva raccontare la storia della nascita del fascismo come avrebbe fatto una serie storica, vedi The Crown. Tutto ciò per immergere lo spettatore direttamente nel caos di quell’epoca. Dalla prima scena, la quarta parete si rompe, trasformando il pubblico in un interlocutore privilegiato di Benito Mussolini. Quest’espediente, visto anche in House of Cards, genera ritmo e coinvolgimento, mostrando la natura del protagonista. Se il vero Mussolini era un manipolatore esperto, capace di sedurre le masse senza mai rivelare le sue vere intenzioni, il Mussolini di M – Il figlio del secolo usa il dialogo diretto con lo spettatore per offrire scorci della sua autentica personalità. Dietro la maschera pubblica, il personaggio-Mussolini, emerge l’uomo-Mussolini, misurando ogni parola in termini di potere, con le sue ambizioni e contraddizioni.

In un’intervista per The Guardian, Wright afferma: “Ciò che ho sperato di ottenere con la serie è che, in qualche modo, il pubblico venisse sedotto da Mussolini e che fosse eccitato dalle sue scelte, generando una sorta di empatia nei suoi confronti, facendo sì che una domanda drammatica sorgesse nella loro mente, qualcosa che togliesse il tappeto da sotto i loro piedi e li facesse dire ‘aspetta, ma ti rendi conto di ciò che stai facendo?’”.

La fotografia di Seamus McGarvey, inizialmente cupa, sgranata e dominata dai toni del rosso, si fa progressivamente più luminosa man mano che ascende il fascismo. Questa scelta visuale rafforza il contrasto tra le origini povere di Mussolini e il potere che acquisisce, fino ad arrivare agli edifici inondati di luce per simboleggiare la sua megalomania finale.

Inoltre, la colonna sonora, di Tom Rowlands dei Chemical Brothers, introduce un elemento anacronistico con la sua musica elettronica ma è perfettamente in linea con lo spirito futurista di quel tempo (del resto, all’epoca, il fascismo guardava proprio al futuro). D’altronde, la serie ha integrato nel suo stile i principi artistici del Futurismo. Il movimento esprimeva dinamismo, velocità e forza e utilizzava le tecnologie dell’epoca in modo non convenzionale.

Il Futurismo ha avuto una relazione problematica con il fascismo: inizialmente vicino a Mussolini per la condivisa ammirazione al passato e l’entusiasmo per la modernità, finisce poi per distanziarsene quando il regime rivela il suo vero volto. La direzione della serie ha incorporato quest’estetica futurista, con l’uso frenetico del montaggio, le immagini altamente simboliche e i suoni: la drum and bass ossessiva, a tratti tribale, evoca l’energia violenta e sovversiva che ha alimentato l’ascesa del fascismo.

Il distacco culturale: la scelta di Joe Wright

Era proprio necessario un regista straniero per raccontare questa storia così italiana? La domanda, seppur provocatoria, non è casuale nel contesto di M – Il figlio del secolo. Il britannico Joe Wright, difatti, ha uno sguardo che si pone deliberatamente al di fuori della narrazione nazionale italiana. E ha visto in questa distanza un’opportunità: 

Da britannico, Mussolini è sempre stato questa figura strana, quasi come un pagliaccio.

Le parole di Wright per The Hollywood Reporter

La sua curiosità l’ha spinto a scavare sotto quella maschera, per comprendere non solo il leader, ma anche il fenomeno che ha rappresentato e che oggi risuona con rilevanza allarmante. Il regista ha scelto di non creare una lezione di storia, ma un lavoro che fosse, come dice lui stesso, “un urlo contro l’attuale ascesa dell’estrema destra”. La sua prospettiva permette che lo spettatore possa comprendere l’eco globale di ogni polulismo e le sue conseguenze in tutto il mondo.

La scelta di girare interamente in italiano è nata dal desiderio di restituire la storia alla sua lingua originale, così com’è stata, senza filtri. Inizialmente, Wright aveva pensato di far parlare Mussolini in inglese nelle scene in cui si rivolge direttamente al pubblico. Tuttavia, ha cambiato idea nel giorno dell’elezione di Giorgia Meloni. In quell’istante, Wright e Luca Marinelli hanno capito che ogni parola dovesse essere comprensibile agli italiani. Questo dettaglio dimostra quanto Wright volesse avvicinarsi il più possibile alla realtà dei fatti storici, soffermandosi su come si possa giungere a eventi tanto gravi.

È emblematica, in questo senso, una battuta di Mussolini in M – Il figlio del secolo: “Make Italy great again”. È senza dubbio un riferimento allo slogan di Donald Trump. Questo rafforza il legame tra il populismo passato e quello odierno. Wright e gli sceneggiatori avevano inizialmente inserito molte altre allusioni alla politica contemporanea, ma poi hanno deciso di eliminarle, affidando all’intelligenza degli spettatori il paragone col presente.

Probabilmente, solo uno sguardo esterno e distante poteva affrontare una storia così. In Italia, la figura di Mussolini rimane controversa. Solo di recente il comune di Salò ha revocato la cittadinanza onoraria al dittatore, cosa che, tuttavia, ha generato discontento. Un regista italiano avrebbe potuto sentirsi condizionato dalle pressioni culturali e politiche, mentre Wright ha potuto trattare l’argomento con più libertà. Questo non significa che il suo approccio sia superficiale: il suo desiderio di raccontare la storia di Mussolini come essere umano è stata una scelta consapevole: 

In realtà, credo che sia più pericoloso demonizzare personaggi come Mussolini fino ad arrivare al punto di renderli disumani. Ricordo una volta in cui [il presidente degli Stati Uniti George W.] Bush, parlando delle atrocità di Abu Ghraib, affermò che i soldati che le avevano commesse “fossero malati nell’animo”. Disse che non erano persone, ma mostri – assolvendo così se stesso e tutti noi da ogni responsabilità. Mentre penso che sia importante che tutti noi ci assumiamo le nostre responsabilità per questi personaggi, per aver permesso loro di raggiungere quelle gloriose posizioni di potere.

Le parole di Wright per The Hollywood Reporter

Il vero bersaglio della serie non è Mussolini, ma coloro che hanno permesso la sua ascesa nell’indifferenza e noncuranza. Non è una coincidenza che l’ultimo episodio termini con una parola: “Silenzio”.

Il vero bersaglio della serie: il peso del silenzio

È il silenzio ciò che resta dopo M – Il figlio del secolo, il silenzio di chi ha scelto di non reagire. Il Duce ha conquistato il potere non solo tramite la violenza o le sue abilità oratorie, ma anche grazie all’inerzia di coloro che avrebbero potuto fermarlo e non l’hanno fatto. Il suo famoso discorso del 3 gennaio del 1925, in cui si assume la responsabilità politica per l’assassinio di Matteotti senza subirne le conseguenze, è l’esempio perfetto: un parlamento muto, incapace di opporsi, ha permesso a un uomo di riscrivere la storia.

La parola ‘silenzio’ chiude la serie e diventa un monito. Ci ricorda che il fascismo non è stato solo il risultato della volontà di un uomo, ma anche il prodotto di una società che, per paura, convenienza o indifferenza, ha lasciato che le cose accadessero. L’assenza d’opposizione, oggi come allora, può essere più pericolosa di qualsiasi proclamazione autoritaria.

È anche attraverso questo concetto che Wright vuole scuotere lo spettatore. M – Il figlio del secolo mostra il fascino perverso del potere e il rischio del sottovalutarlo. E, soprattutto, pone un quesito: quando il silenzio diventa complicità? Dante Alighieri, nella Divina Commedia, riserva un trattamento crudele agli ignavi, coloro che in vita non si sono mai schierati, né per il bene né per il male. La loro punizione è eterna: rifiutati persino dall’Inferno, condannati a rincorrere invano una bandiera senza senso, incessantemente punti da vespe e tafani. La loro punizione è l’oblio, la peggiore delle sentenze. Wright presenta al pubblico lo stesso bivio.

Buy a ☕ for Hypercritic

Record correlati