Il Gladiatore di Ridley Scott | 25 anni dopo, il nostro Impero Romano
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Il Gladiatore di Ridley Scott | 25 anni dopo, il nostro Impero Romano

Il Gladiatore di Ridley Scott | 25 anni dopo, il nostro Impero Romano

Postato il 10 Agosto, 2025

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155' / 171' (Extended Edition)
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L’antica Roma non manca mai di esercitare il suo fascino sull’immaginario collettivo. Evoca grandezza e meraviglia: un’era in cui un uomo può essere elevato al rango di divinitĂ , in cui le emozioni sono rivelate nella loro forma piĂą pura. Questa immagine deve essere apparsa davanti agli occhi di Ridley Scott quando il portavoce della DreamWorks gli mostrò Pollice Verso, un dipinto del 1872 dell’artista francese Jean-LĂ©on GĂ©rĂ´me. Si dice che il dipinto, raffigurante un vincitore in un combattimento nell’arena romana, convinse il regista inglese ad accettare il lavoro per il suo film del 2000, Il Gladiatore.

Il quadro
Pollice verso, di Jean-LĂ©on GĂ©rĂ´me – phxart.org : Gallery, Pic, Pubblico dominio

Il Gladiatore fa rivivere la grande tradizione del sottogenere di costume spada e sandalo. Combina il pathos di Braveheart – Cuore impavido (1995) e il ritmo frenetico di Salvate il Soldato Ryan (1998). Il risultato è una delle opere piĂą memorabili della storia del cinema, classificata da The Guardian come uno dei 25 migliori film d’azione e di guerra. Divenne campione di incassi fin dalla sua uscita negli Usa, guadagnando 465,5 milioni di dollari, il triplo del budget iniziale. Le recensioni furono generalmente positive, nonostante alcune eccezioni: Roger Ebert lo definisce “fangoso, confuso e indistinto”. Vinse comunque cinque Academy Awards, fra cui miglior film e miglior attore per Russell Crowe. Il personaggio del generale romano Massimo Decimo Meridio ha lanciato la sua carriera. Joaquin Phoenix, nel ruolo dell’imperatore Commodo, mostrò la sua abilitĂ  nell’interpretare un antagonista squilibrato e stravagante ben prima della sua interpretazione in Joker.

Facendo affidamento su un cast esperto ed effetti visivi di alto livello, Il Gladiatore è puro intrattenimento e azione. Non trascura però di affrontare anche questioni politiche e di riflettere sull’“indicibile brutalità con cui uno dei più grandi imperi mondiali condusse i suoi affari”.

La trama | Parabola di un Generale Romano

La storia è ambientata nel 180 a.C., quando le legioni romane combattono i barbari ai confini dell’impero per la conquista della Germania. Il valoroso generale Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe), protetto dell’Imperatore Marco Aurelio (Richard Harris), guida l’esercito alla vittoria finale. Percepita la sua morte imminente, l’anziano sovrano elegge Massimo come suo successore, incaricandolo di restituire il governo romano al Senato, unico vero rappresentante del popolo. Ha poca stima del figlio Commodo (Joaquin Phoenix), temendo il suo temperamento aggressivo e i suoi atteggiamenti poco etici. Tuttavia, questo piano non vedrà mai la luce. Venendo a conoscenza delle intenzioni di suo padre, Commodo si disfa dell’anziano imperatore e ordina l’esecuzione di Massimo e della sua famiglia.

Dopo essere miracolosamente fuggito al massacro, Massimo si ritrova schiavo, venduto a Antonius Proximo (Oliver Reed), un addestratore di gladiatori. In Mauritania, provincia africana ai margini dell’Impero, l’ex generale combatte per la sua vita. Intrattiene una folla assetata di sangue e sviluppa un insaziabile desiderio di vendetta. L’occasione arriva quando Commodo, ora capo dell’impero e inadatto alla politica, inaugura un lungo periodo di giochi per il popolo a Roma. Entrando al Colosseo da schiavo, Massimo aspetta il momento giusto per lo scontro finale.

Il Gladiatore | Epica su Scala Mondiale

Sin dalle sue origini omeriche, una delle caratteristiche principali del genere epico è la sua magnificenza. PiĂą vasti sono gli eserciti che si fronteggiano in battaglia, piĂą l’eroe che li combatte lascia il segno nella storia e maggiore è la meraviglia suscitata nel pubblico. La stessa logica si applica nei film spada e sandalo. Un sottogenere che si basa sulla rappresentazione cinematografica degli eventi storici e mitologici molto popolare fino alla metĂ  degli anni ’60. La creazione di questi film mobilita enormi risorse. Per esempio, la ricostruzione di scenari a grandezza naturale, cambi di location frequenti e l’impiego di migliaia di attori e comparse.

Sulle orme di opere come Quo Vadis (1951) di Mervyn LeRoy e Spartacus (1960) di Stanley Kubrick, Il Gladiatore di Scott non è certo da meno, con un budget piuttosto importante per l’epoca, di 103 milioni di dollari. Le riprese del film durano appena cinque mesi, a un ritmo frenetico. Vengono impiegate quattro location principali, in Inghilterra, Marocco, Malta e Italia. Non è certo quanti attori e comparse siano sul set, ma è sicuro che il costumista Janty Yates, vincitore di un Academy Award nel 2001, abbia creato più di diecimila costumi. Il solo personaggio di Russell Crowe ha richiesto dieci abiti diversi nel corso del film.

Tigri nel Colosseo e molto altro | Effetti Visivi

Come racconta in un’intervista, il supervisore degli effetti visivi John Nelson, due volte vincitore degli Academy Awards, cerca di utilizzare il piĂą possibile oggetti di scena fisici e tangibili. Perfino le tigri che ruggiscono a Massimo nell’arena sono reali. Come la foresta in fiamme nella battaglia all’inizio del film. Le scene al Colosseo sono girate in una replica di 16 metri di altezza, una circonferenza di 175 metri e 2000 comparse. La Cgi aiuta ad aumentare le dimensioni e la qualitĂ  dell’architettura aggiungendo statue, uccelli e altri piccoli dettagli. Il magistrale montaggio di Pietro Scalia, anche lui nominato agli Oscar, permette la resa di spazialitĂ  e proporzione, soprattutto nelle scene di combattimento. Scalia stesso spiega che gran parte dell’aspetto e del ritmo del film prendono forma durante il montaggio. Un’altra sfida è quella di coprire la morte di Oliver Reed prima del completamento delle riprese.

La favolosa colonna sonora di Hans Zimmer porta la narrativa storica a un livello superiore, anche grazie alla voce di Lisa Gerrard.

Un Piatto che Va Servito Freddo | Il Tema Centrale

Il mio nome è Massimo Decimo Meridio, comandante degli eserciti del Nord, generale delle Legioni Felix, e leale servitore del VERO imperatore, Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie assassinata. E avrò la mia vendetta, in questa vita o nell’altra.

Massimo (Russell Crowe)

Il drammatico discorso di Massimo, una delle citazioni preferite dei cinefili di tutto il mondo, esprime a chiare lettere il tema centrale del Gladiatore: la vendetta. Non è una coincidenza, infatti, che la struttura della trama assomigli al Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, storia di vendetta per eccellenza. Così come Edmond Dantès, il protagonista del romanzo, anche Massimo passa velocemente da un futuro roseo – l’agognato ritorno a casa dalla famiglia – all’inferno in terra – la perdita di coloro che ama e la schiavitù. La rabbia e il dolore lo trasformano in una macchina da guerra inarrestabile, capace di tutto pur di vendicarsi.

Nonostante i fantastici aspetti tecnici, Crowe è il vero centro della creazione di Scott. Domina la scena con una tale sicurezza e forza che non si riesce a staccare gli occhi da lui. Come racconta Crowe in un’intervista con Variety, insiste per girare personalmente alcune delle scene più pericolose – inclusa quella col combattimento con la tigre – e spesso improvvisa. Fra le scene improvvisate più celebri c’è anche la frase: “Al mio segnale, scatenate l’inferno”. Alcuni scrivono che abbia rimediato qualche osso rotto. Considerando tutto ciò, non c’è da sorprendersi che abbia ricevuto il premio dall’Academy come miglior attore.

Il Declino dell’Impero | Accuratezza Storica nel Gladiatore

L’interpretazione di Crowe e le scene di battaglia attirano gran parte dell’attenzione. Una nota particolare va fatta, però, sul quadro storico in cui si muovono i personaggi. Come spesso accade in questo genere, Il Gladiatore ha innescato una caccia alle inesattezze nella rappresentazione storica della Roma antica – qui solo un esempio di un’accurata analisi storica. A parte alcune licenze poetiche, Scott è riuscito a trasmettere efficacemente il declino morale e politico dell’Impero Romano negli ultimi anni della dinastia Nerva-Antonio.

“C’era una volta un sogno che era Roma”, afferma uno stanco Marco Aurelio all’inizio del film. Alludendo a un mondo ormai andato e a un intero sistema di valori in via di estinzione. Massimo è un’eccezione a questo decadimento. Un uomo tutto d’un pezzo devoto alla patria, alla famiglia e ultima roccaforte del mos maiorum, la tradizione degli antenati. Le scene in cui tocca il grano e fa scorrere la sabbia fra le dita descrivono un uomo umile che possiede la terra ma che sa che un giorno dovrĂ  ritornarvi. Dall’altro lato c’è Commodo, che rappresenta il nuovo, il progresso che trascura gli insegnamenti del passato. Ambizioso ma anche instabile e facilmente ingannabile. L’interpretazione di Phoenix ha fortemente influenzato il cast e gli showrunner del Trono di Spade come modello di potere tirannico e degenerato.

Lo scontro fra Massimo e Commodo, entrambi figli di un impero nel caos, è quindi un confronto tra due diverse visioni del mondo. Queste visioni sono state abilmente caricate di pathos e anticipazione, come Ridley Scott ha fatto in seguito anche con The Last Duel e The Duellists. Gli spettatori sanno come finirà il film, ma tutti lo attendono con impazienza.

Panem et circenses | Potere e Intrattenimento

Questa dicotomia tra valori contrapposti è una lettura secondaria del Gladiatore. Il focus, infatti, è sull’azione, sul qui ed ora. E sullo spettacolo che il personaggio di Massimo offre, battaglia dopo battaglia. Parlando di spettacolo, la recensione dell’enciclopedia cinematografica italiana Il Morandini offre una curiosa interpretazione:

Il film evento della DreamWorks è una parabola storico-fantastica sulla societĂ  dello spettacolo e sull’uso dello show business da parte del potere – di ogni potere, incluso quello religioso – per influenzare e dominare le masse.

Il Morandini 2020 (tradotto dall’autrice)

Tale spunto apre una suggestiva similitudine fra il periodo storico in cui è ambientato il film e il presente. Qui l’intrattenimento, con le dovute distinzioni, gioca un ruolo fondamentale e spesso sottovalutato nel distrarre le persone. Il filosofo francese Guy Debord ha coniato il termine “società dello spettacolo” per descrivere un mondo in cui gli spettacoli sono “l’olio che mantiene il motore acceso, lo spettatore passivo, perso nel flusso delle immagini”. Debord si riferisce alla società contemporanea, ma è facile trovare la stessa logica nel Gladiatore di Scott.

Il film mostra la fluida e quasi simbiotica relazione fra potere e intrattenimento. I gladiatori sono un mero espediente politico per mantenere sottomesso il popolo. La maestosità dei giochi, sottolineata dai toni caldi e dalle riprese aeree del Colosseo – che ricordano le riprese dei moderni giochi sportivi – è una scenografia creata per nascondere un vuoto morale e l’assenza di un disegno politico. Il personaggio del Senatore Gracco (Derek Jacobi) rivela i giochi di prestigio di Commodo con parole eloquenti:

Credo che sappia cosa è Roma. Roma è la plebe. Evoca per loro la magia e si distrarranno. Toglietegli la libertà e continueranno a ruggire. Il cuore pulsante di Roma non è il marmo del senato, è la sabbia del Colosseo. Porterà loro la morte, e lo ameranno per questo.

Senator Gracchus (Derek Jacobi)

Ancora una volta, l’obiettivo primario del Gladiatore non è quello di suscitare una riflessione politica fra gli spettatori. Ma la sua grandezza risiede anche nella capacità di creare un ponte fra due periodi storici lontani e di tracciare delle parallele come solo un regista come Ridley Scott poteva fare.

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